Intervista ad Andrea Tarlao. A cura di Filippo Caon. Foto di Elisa Bessega.
Da bambino sognavo di vivere in un camper con cui potermi muovere portando dietro tutto il mio mondo – ero troppo legato agli oggetti, e forse lo sono ancora. Poi le cose sono andate diversamente; ma quando leggo la storia di qualcuno che vive in furgone, magari anche soltanto per un periodo della sua vita, mi ritorna in mente quel desiderio.
In fondo lo abbiamo fatto tutti un milione di volte: chiudere gli occhi e immaginarci in un furgone, con un paio di sci sul tettuccio e una coppia di mezze corde nel bagagliaio, e andarcene in giro per l’Alaska o per la California.
Con i social non dobbiamo più chiudere nemmeno gli occhi, basta aprire Instagram e cercare #vanlife per vedere miliardi di immagini di gente che fa finta di fare la vita che vorremmo fare noi. Poi come campino tutte quelle persone non lo sa nessuno, ma è bello immaginare che ci sia gente abbastanza ricca da vivere eternamente in vacanza senza fare nulla.
Ciononostante, a noi le storie troppo belle per essere vere non interessano più di tanto, e quindi siamo andati a cercare qualcuno che quella vita la fa veramente. E che per farla ha deciso di rinunciare a un po’ di cose, prendendo il bello e il brutto di ciò che questo comporta.
Andrea Tarlao era un amico di amici, ci siamo incontrati quest’anno a Destination Santa, una gara/reunio